Un ricordo per Hubert

L’automobilismo è pericoloso.
Talvolta tragicamente. Non c’era niente da fare.

Basterebbe questo. Eppure dopo l’incidente che ha spento la giovane vita del pilota francese e messo a rischio quella del collega Correa è giusto porsi qualche interrogativo.

Era evitabile? Probabilmente no. Quando ti centra una vettura e più di 250 km/h…

Si può ripetere? Certamente, a ogni Gran Premio. Forse per questo tanti appassionati non vedono l’ora che sia domenica sera, e che il circus faccia le valigie per una nuova destinazione, fuggendo da questa Spa mai così triste.

Cosa si può fare per limitare le probabilità che succeda? Onestamente molto poco. Al Raidillon la via di fuga è cortissima, e dietro c’è un bosco, e poi quanti sono quelli che si lamentano dei circuiti di Tilke con vie di fuga da aeroporto e quindi del tutto prive di fascino? Semmai si può riflettere sul fatto che, essendo la via di fuga in asfalto, e quindi percorribile, Correa la stessa sfruttando senza diminuire la velocità, col risultato di colpire la macchina ferma di Hubert praticamente in pieno. Tornare alle vie di fuga in sabbia? C’è chi ci pensa, ma le vie di fuga in sabbia provocavano altri problemi come macchine che si ribaltano o che galleggiano sulla sabbia senza rallentare.

Forse alla fine l’unico monito che si può trarre dalla tragica vicenda di Hubert riguarda la nostra idea di automobilismo, e la nostra considerazione dei piloti. Ha detto Hamilton che spesso non ci si rende conto che il pericolo di morire esiste sempre. Non se ne rendono conto i piloti e non se ne rendono conto certi tifosi, specie i leoni da tastiera, gli ultrà pronti all’insulto dell’avversario. E’ bene averlo invece ben presente, il rischio che corrono questi giovani. Per il divertimento altrui, per la propria ancestrale passione.

“Più sei vicino alla morte e più ti senti vivo” – James Hunt nel film Rush

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.