Jim Clark: la furia col sorriso

Fangio, Senna, Schumacher, se li ricordano tutti. Perchè sono stati i più grandi. Ma anche Prost, Lauda, Jackie Stewart, Ascari, Alonso, e ovviamente Hamilton lo sportivo medio italiano li conosce. C’è invece un fuoriclasse del passato che in tanti hanno dimenticato, oppure mai conosciuto, per la morte prematura o perchè non ha mai guidato una Ferrari, o perchè la sua memoria si perde nell’epoca dei tempi eroici della Formula 1, quelli senza televisione. Si tratta di James Clark Jr., in arte Jim, uno scozzese figlio di ricchi contadini che negli anni ’60, al cospetto di campioni di Surtess, Graham Hill, Brabham, Hulme dimostrò con imprese irripetute di essere il più forte di tutti.

E infatti, se qualcuno mi chiede una graduatoria dei piloti più forti di tutti i tempi io rispondo che un confronto tra epoche diverse non si può fare, ma che se si può selezionare un quartetto, beh, quel quartetto comprende Fangio, Senna, Schumacher e Clark.

Nelle foto dei suoi tempi Clark appare snello, amichevole, col sorriso dolce, affabile; ripreso spesso accanto ai sui meccanici, intento più a chiacchierare che a discutere, interessato al lato tecnico della macchina più per passione che per necessità. Capelli corvini impomatati, corpo snello ma forte, la tuta bianca sporca di grasso. Uno sportivo della domenica.

Invece in macchina Clark si trasforma in una bestia: fedele alla leggenda che la sua Lotus gli sia stata costruita intorno facendolo sdraiare sul tavolo di un ristorante e immaginando di mettergli addosso i vari pezzi della vettura (di quel genio di Colin Chapman, fondatore della Lotus, si narra anche questo) Clark è il primo esempio dell’uomo perfettamente fuso con la macchina. Costretto a guidare sdraiato, nelle prime auto da corsa “a sigaro”, col baricentro basso e il motore direttamente alle spalle del pilota, lo scozzese sarà per tutto il decennio il più veloce. Il più veloce, nettamente. In un epoca di campioni nessuno eguaglierà le sue imprese. Le sue vittorie sì, i titoli vinti, ci sarà anche chi ne conquisterà di più. Ma le sue imprese non le eguaglierà nessuno.

72 gran premi in formula 1 (pochi, ma allora le stagioni duravano poco, non come adesso che ci sono venti corse all’anno), 25 vittorie (tante), 33 pole position (tantissime). E il record, tutt’ora imbattuto dei “gran chelem”, ovvero delle gare condotte in testa dal primo all’ultimo giro, partendo dalla pole position e segnando il giro più veloce. Ben 8. Perchè la caratteristica di Clark era questo. In prova il migliore; in gara a una partenza rabbiosa seguiva un serie interminabile di giri rapidissimi, che lo allontanavano ben presto dagli inseguitori più vicini, costretti  a rivederlo sul podio a corsa conclusa o peggio ancora negli specchietti quando si avvicinava per doppiarli. E quegli inseguitori erano Hill, Surtess, Brabham…

Aveva poco rispetto per la meccanica, qualche gara e qualche titolo gli sfuggirono per guasti tecnici dell’ultimo momento. Erano tempi in cui, in qualche modo, le macchine “si stancavano” se le tiravi troppo, e la progettazione, ancora poco accurata e volta soprattutto a rendere la vettura più leggera possibile, molto spesso non teneva troppo conto dell’affidabilità. Non era compito di Jim rendere la macchina affidabile. Jim pestava di brutto, dall’inizio alla fine.

Due ricordi: nel gran premio d’Italia del ’67 Clark parte dalla pole e scappa via. Dopo pochi giri fora ed è costretto ai box. Riparte penultimo, doppiato dai primi. Si sdoppia e recupera con una serie incredibile di giri veloci e sorpassi. Fino a riconquistare il primo posto. A due curve dalla fine, col pubblico ormai pronto a celebrare un’impresa storica, finisce la benzina. Arriverà terzo.

Due anni prima, nel ’65, aveva vinto il mondiale con tre mesi di anticipo, 6 vittorie su 10 gran premi. Anche se in realtà lui ne aveva disputati 9, perchè aveva saltato il gran premio di Monaco per correre e vincere la 500 miglia di Indianapolis. Nessun pilota ha mai più vinto il mondiale di formula 1 e la 500 mi glia di Indianapolis nello stesso anno.

Jim Clark è morto in un’inutile gara di formula 2 ad Hockenheim, nel ’68. Tre mesi prima aveva corso il suo ultimo gran premio di formula 1 in Sud Africa. E l’aveva vinto.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.