A scuola dal professore: gli anni mitici del primo e unico francese iridato
Si fa presto a dire Alain Prost. Di quale si vuol parlare? Del giovane che attraversa come un razzo le serie minori ed esordisce altrettanto felicemente in Formula 1 nel 1980 (con una McLaren che però gli costa anche qualche uscita di pista e frattura di troppo)? Dello sprovveduto velocista che colleziona pole position e mondiali persi nel triennio Renault?O del fine stratega che, dopo aver subito da Niki Lauda la più cocente sconfitta della storia della Formula 1 si rifà con gli interessi ai danni di gente come Rosberg, Piquet, Mansell, Senna (anche lui, sì) e Schumacher, diventando così per tutti il professore (che ha imparato alla perfezione la lezione)?
La carriera di questo piccoletto col naso storto e gli occhi bassi è l’esempio di quali incredibili risultati garantisca il talento quando opportunamente coltivato, umilmente affinato grazie ai consigli dei più bravi, plasmato intorno ad un’intelligenza riflessiva e meticolosa. Perchè il buon Alain in Formula 1 era partito con tutte le carte a posto per risultare un fenomenale perdente: alle ortiche i mondiali dell’81, 82 e 83 (per colpa della macchina, per colpa di qualche incidente ingenuo, per colpa di Arnoux…in sintesi, per colpa sua) si imbatte nell’84 in Niki Lauda, che lo frega magistralmente vincendo per mezzo punto un campionato dove non è mai partito in prima fila ed è stato davanti al compagno solo quanto questi si ritirava. Sul podio dell’Estoril Prost ride, si complimenta col collega austriaco, riceve i buffetti della signora Marlene. E’ lo sconfitto più felice che abbia mai visto. Mi chiedo “Ma cos’ha da ridere, lui che doveva essere il primo francese campione della storia ed invece arriva secondo per mezzo punto?”. In effetti non l’ho più rivisto ridere in quel modo, sul podio, nemmeno per le sue vittorie. Le stagioni passata con Niki in McLaren sono la chiave di volta della carriera di Prost. Impara ad affinare l’assetto della macchina, ad usare il tempo delle prove per perfezionare il passo gara invece che scannarsi per la pole position, a lavorare con tutti i membri della squadra, con chi fa il motore e con chi ci mette i soldi. Impara anche a conoscere Balestre, vanitosissimo capo della federazione e suo grande alleato da lì in avanti.
Ed eccoli, i risultati promessi. Primo nell’85, approfittando della scellerata scelta tecnica della Ferrari che cambia il fornitore delle turbine con Alboreto in testa alla classifica; primo, soprattutto nell’86, quando i due galli della Williams si consumano nel loro duello e non si accorgono che le gomme non consentiranno loro di concludere davanti a Prost il gran premio d’Australia. Cercatelo, su youtube, il Gran Premio d’Australia del 1986. E’ una lezione di strategia, intelligenza e conoscenza della macchina da parte, ora si può chiamarlo così, del professore. E’ pronto adesso, Prost, anche ad accogliere in squadra il compagno peggiore che si possa immaginare, il giovane Ayrton bruciato dall’ambizione, con cui saranno rose e fiori per quindici mesi prima che il rapporto deflagri nella rivalità più accesa e violenta che si ricordi.
Si ha un bel dire che in fondo si stimavano, i due. Certo, dal punto di vista della bravura li stimavo anche io, erano con grande evidenza i più forti di tutti, ma tra loro era nato un odio veramente totale: si odiavano in pista, ai box, nelle riunioni tecniche, nei briefing con la federazione, si odiavano i rispettivi tifosi, loro due erano disposti ad ammazzarsi pur di battersi. Il tamponamento di Senna a Prost a Suzuka ’90 è l’incidente deliberatamente causato più allucinante da quando venti uomini si confrontano a bordo di un auto.
Finisce bene, che nessuno si fa male. Ma finisce, per fortuna, anche che Prost lasci la formula 1 nel 91 per tornare nel 93 con la macchina più forte, negandola (con tutta la forza politica di cui è capace) proprio all’avversario brasiliano. Il titolo del ’93, con in pista Senna e Schumacher, a bordo di macchine più lente, è una banalità per un campione della levatura di Prost, che negli ultimi mesi alza il piede dal gas e si concede quasi un abbandono prolungato, in cui c’è spazio anche per la pace, quella vera, con Senna. All’inizio del 94 Senna eredita la Williams di Prost, e chiede proprio al francese come fare a guidarla, a migliorarla, a renderla vincente. Saranno mesi (purtroppo pochi) di chiacchierate tecniche ma anche intime, di telefonate inattese, di “I miss you my friend” dichiarato in mondovisione da Ayrton due giorni prima di morire. Prost sarà costretto a parlarne per anni, di quella rivalità, con un’espressione malinconica, come un reduce di una battaglia mitologica in cui l’eroe è morto e l’avversario deve raccontarla.
Al funerale di Senna Prost è in seconda fila, a tenere la bara. Stavolta non lo fischiano, non lo insultano. Lo applaudono. E il grande Alain si accorge, forse per la prima volta, di che formidabile campione sia stato. Di che formidabili campioni, siano stati.
“Io lo so, che Ayrton è più bravo: non ce la faccio ad andare veloce come lui, a staccare dove stacca lui. Ma per il resto, tra tutti gli altri, il più forte sono io!”