Eddie Irvine e la pazza estate del ’99

Di stagioni di formula 1 incerte o imprevedibili, per fortuna, ce ne sono state molte. Mi vengono in mente il mondiale vinto da Surtess nel ’64 ai danni di Clark e Hill, il successo di Hunt su Lauda nel ’76, Prost che beffa le Williams nell’86.

Ma di mondiali ricchi di colpi di scena come quello del ’99 ce ne sono stati pochi. A quell’annata si arrivò con Hakkinen e la McLaren Mercedes campioni in carica, con Schumacher alla sua quarta stagione in Ferrari (e diversi tifosi e parte della stampa abbastanza scocciati perchè questo tedesco super pagato un po’ supponente e che non si abbassa a parlare una parola di italiano non ha ancora vinto il campionato) e un pronostico che sembrava limitato a questi due.

Con Schumacher inaugura il suo quarto anno con la rossa anche Eddie Irvine, nord irlandese dal carattere irriverente, notato nell’ambiente per aver fatto quasi a pugni con Senna dopo un malinteso in pista alla fine del ’93. Irvine ha portato alla Ferrari le sue doti da collaudatore, l’accettazione passiva della figura di seconda guida e prestazioni abbastanza altalenanti. Dirà, una volta Irvine, che il suo ruolo nella scuderia era così chiaro che la macchina aziendale che gli avevano dato per girellare a Maranello non aveva il telepass, mentre quella di Schumacher sì.

All’esordio, in Australia, ci si aspetta l’attacco di Schumi all’armata McLaren (motore Mercedes, Newey progettista…è il genio che ha disegnato la Williams di Mansell e che disegnerà la RedBull di Vettel, tanto per definire il quadro…), solo che si ritirano tutti. Il trofeo del primo classificato cade alla fine proprio sulla testa di Irvine, che così vince la sua prima gara.

Tutti la considerano una divertente coincidenza, tanto più che il mondiale prosegue con la prevista lotta tra Hakkinen e Schumacher, autori di imprese innegabili e anche di svarioni notevoli, il finlandese a Imola e Schumi a Montreal.

Hakkinen osserva il passaggio di Schumacher dopo l’incidente all’uscita della variante bassa a Imola

Il gran premio d’Inghilterra, a metà stagione, sembra solo l’ennesimo capitolo dell’inseguimento di Schumacher a Hakkinen, e invece sarà lo spartiacque del mondiale. Alla Stowe, durante il primo giro, in un tentativo di sorpasso ai danni di Irvine il tedesco non ha più i freni e va dritto. Sbatte frontalmente a 170 km/h nelle barriere, si rompe una gamba ed esce dal circuito malconcio nel fisico, ma soprattutto nella mente. Confesserà di aver avuto paura di essere morto, di aver visto per qualche minuto tutto nero, di aver avuto una di quelle esperienze pre-morte raccontate non di rado da alcuni pazienti che si risvegliano da un coma profondo o vivono un trauma molto violento.

L’incidente di Schumacher a Silverstone

Per i tifosi Ferrari sembra ovvia, di nuovo, la rinuncia al titolo mondiale, ma invece sta iniziando l’estate più pazza della storia della Formula 1.

Gran Premio d’Austria: McLaren in prima fila, con Coulthard che, forte dei buoni risultati dell’inizio dell’anno, ha in testa una piccola speranza di vincere il campionato. Alla seconda curva tenta di superare Hakkinen, finisce per speronarlo, e consegna di fatto la vittoria di nuovo a Irvine, bravo a tenere la testa fredda per tutta la gara opponendosi alla rimonta delle frecce d’argento.

In Austria Irvine approfitta del contatto tra le due McLaren

Una settimana dopo Gran Premio di Germania: a Hakkinen scoppia una gomma in pieno rettilineo, si ritrova prima Salo, sostituto di Schumacher, che fedele al contratto e alla scuderia rinuncia alla prima e ultima speranza di conquistare una vittoria nella sua carriera e cede il passo a Irvine, ancora vittorioso, in maniera sempre più carambolesca.

In Italia scoppia la Irvine mania: il britannico dal sorriso malandrino piace alla stampa (alcuni in malafede, o incompetenti, o entrambi, parleranno di “vero campione, oscurato dalla scuderia a vantaggio di un crucco prepotente, capace solo di spillare soldi e collezionare figuracce”), piace ai tifosi, piace…alle donne e agli sponsor. La scuderia è divisa: mica spezzeremo il sortilegio del mondiale, che manca da vent’anni, grazie a Eddie, lo scudiero, il Sancho Panza, quello senza telepass?

La stagione continua con una sorpresa dietro l’altra: a Spa Coulthard, ancora con manie da primattore, prima rischia nuovamente di speronare Hakkinen al via, e poi gli soffia la vittoria e punti importanti per il mondiale. A Monza Hakkinen sta dominando ma sbaglia marcia e finisce fuori, buttando i guanti per terra e mettendosi a piangere come un bambino. Al Nurburgring, dopo il ritiro di Frentzen (un altro che zitto zitto, con tutta quella confusione intorno, stava mettendo insieme, mattoncino dopo mattoncino, una classifica di tutto rispetto) scoppia il temporale. Le scuderie fanno a gara a chi mette in atto la strategia peggiore. La Ferrari batte tutti chiamando Irvine ai box senza avere le gomme pronte: mentre si cerca nei box la posteriore destra Eddie perde decine di secondi, decisive in una gara che addirittura vedrà sul podio gente come Herbert, Trulli e Barrichello.

Irvine e la “ruota mancante” al Nurburgring

In Malesia, recuperato, convinto o costretto, di nuovo in sè, (non si sa bene) torna alla guida Schumacher. E compie l’impresa più grande della sua carriera. In un impeto di generosità, dopo aver firmato una pole position stellare, confeziona una gara completamente al servizio del compagno di squadra: lo fa passare due volte, si tiene dietro le Mercedes, potrebbe vincere con un giro di distacco, ma regala al compagno di squadra la quarta vittoria della sua carriera (la meno meritata, ed è tutto dire) e gli garantisce buone speranze di andare a giocarsi il mondiale all’ultima gara in Giappone. A dire il vero nel dopo gara le Ferrari vengono squalificate, poi Ross Brawn dimostra che le paratie laterali sono invece regolari (e fa piacere un po’ a tutti che a Suzuka si vada col mondiale ancora in bilico) e quindi Irvine arriva all’ultimo atto con quattro punti in più di Hakkinen.

Se Hakkinen vince si conferma campione, altrimenti vince Irvine. Semplice. Meno semplice la condizione psicologica di Irvine. Dopo aver vinto ridacchiando, sfruttando ogni occasione possibile come un Peter Pan moderno, Eddie arriva a Suzuka stravolto dall’ansia. Il peso di poter essere l’uomo che riporta il mondiale a Maranello dopo vent’anni lo ha distrutto: “Le mie speranze di vincere sono tutte legate a quello che vorrà fare quello là (Schumacher): se mi aiuterà posso vincere, ma stavolta non lo farà”. La gara è di una noia mortale: Hakkinen parte in testa, Schumacher lo segue per tutti i 53 giri, senza poterlo o volerlo attaccare. Uno vuotato Irvine finisce terzo la gara più importante della sua vita, a un minuto e mezzo dal vincitore, che si conferma campione del mondo.

Irvine saluta il pubblico…e il titolo mondiale

La favola del Paperino irriverente, dell’uomo che aveva sognato di essere il principe che faceva svegliare la Rossa per poi riscoprirsi vassallo finisce qui. Irvine lascerà la scuderia e i suoi maledetti telepass, farà qualche altra stagione con la mediocre Jaguar e poi si ritirerà definitivamente, seguendo solo da lontano l’epopea vittoriosa che avrebbe atteso Schumacher.

Adesso vive la vita del ricco uomo d’affari, divertendosi e passando di festa in festa, circondato di agio e belle ragazze. In formula 1 si fa vedere poco. E’ un mondo di cui non è all’altezza, nè quel mondo lo è alla sua.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.