Gordon Murray: il genio prestato alla Formula 1

I progettisti di Formula 1 sono gente con una preparazione e una capacità straordinarie. I migliori sono pagati milioni di euro all’anno, come i progettisti delle barche della coppa America, come gli allenatori di calcio più quotati.

Il direttore tecnico decide le linee di base del progetto, l’idea di come risolvere i problemi principali della definizione e del posizionamento dei componenti fondamentali della macchina. Facile immaginarseli come dei nerd, perennemente seduti alla scrivania o intenti a guardare mezzi meccanici di tutti i tipi, alla ricerca della soluzione geniale. Invece spesso si tratta di personalità bizzarre, con tanti interessi, dei quali forse la Formula 1 non è neanche il più vivace, semplicemente capaci di andare oltre i limiti e pensare “cose” completamente nuove.

L’immagine del genio assoluto degli anni ’80 è sicuramente rappresentata da un sudafricano alto e allampanato, con i capelli lunghi e i baffi, più simile al bassista di una rockband che a un distante animale da tecnigrafo. Il sudafricano in questione si chiama Gordon Murray, adesso ha una suo studio di consulenza nella progettazione di vetture sportive (una passione che ha soppiantato quella per le monoposto già da un bel po’ di tempo) ma tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80 ha concepito le vetture più innovative della griglia, con soluzioni geniali, avveniristiche, più spesso vincenti che non fini a se stesse, ma quasi sempre “oltre” quello che avevano immaginato gli altri.

Ne vediamo alcune. La Brabham BT46 del ’78, motorizzata Alfa Romeo e guidata da Niki Lauda, transfuga dalla Ferrari. Murray costuisce una vettura affilata, dalla ridotta sezione frontale, in cui le pance laterali semplicemente non esistono, e i radiatori (di solito montati, appunto, nelle pance laterali) sono “a sfioramento” e non impattano la resistenza all’avanzamento. Purtroppo nello stesso anno esplode la scoperta dell’effetto suolo, cioè dell’utilizzo della superficie sotto la vettura per accelerare il flusso d’aria e aumentare la deportanza, e l’effetto suolo funziona meglio se le pance laterali sono belle grosse. Murray tenta di contrapporre un geniale ventilatore, fatto passare per un marchingegno per raffreddare il motore e montato invece dietro le ruote posteriori per aspirare l’aria dal fondo vettura e recuperare deportanza. Gli bocciano l’idea per motivi di sicurezza dopo un solo gran premio, Svezia ’78, vinto da Lauda.

Nell’80 e nell’81 la macchina di Murray vince gran premi su gran premi, e anche un titolo mondiale, con Piquet, ma alla fine dell’82 l’effetto suolo creato grazie alle minigonne è bandito. Le pance laterali, nuovamente, non servono più e Murray si inventa la Brabham BT52, una delle vetture più belle della storia. I radiatori sono appena davanti alle sospensioni posteriori, montati a V, le pance laterali non esistono più, le sospensioni sono push rod invece che pull rod come sulla maggioranza delle altre macchine. La macchina è una vera e propria freccia. La potenza del 4 cilindri turbo BMW (finalmente anche affidabile) e le capacità di Piquet fanno il resto ed è di nuovo titolo mondiale.

Nei due anni successivi il progetto cambia di poco, ma a dominare sono le McLaren di Lauda e Prost e nell’86 Murray decide così di creare qualcosa di veramente nuovo. La BT 55 denominata “sogliola” è la macchina più bassa della storia. Il baricentro basso, ottenuto grazie al coricamento su un lato del motore BMW e alla posizione sdraiata del pilota, dovrebbe consentire una sensibilità al rollìo ridottissima e una penetrazione aerodinamica di molto inferiore alle altre macchine. Al momento della presentazione la macchina lascia tutti a bocca aperta. Nella griglia di partenza la BT55 scompare dietro alle altre, tanto è ridotta in altezza. A Montecarlo, se ci si mette in posizione tale da vedere la salita verso il casino da un lato si vedono passare le vetture, ma della Brabham si vede passare solo l’alettone posteriore, tutto il resto sparisce sotto il guard rail. Impressionante. Purtroppo la macchina è un fallimento: la posizione “coricata” crea tanti problemi al motore BMW, e la casa tedesca sta abbandonando la Formula 1 e non ha tanta voglia di risolverli. A Maggio muore durante le prove Elio de Angelis (la conformazione della vettura non c’entra niente) e la squadra piomba nel dramma. Il progetto si spegne piano piano e Murray a fine anno lascia la Brabham.

Lo prendono alla McLaren, dove nell’88 si riscatta progettando la macchina più vincente di tutta la storia della massima serie. Cocciutamente convinto della bontà dell’idea Murray ripresenta di fatto la BT55, ma stavolta il motorista è l’Honda, e di problemi al motore non ce ne sono. I piloti sono Senna e Prost. E’ tutto semplicemente perfetto. La McLaren MP4/4 vince tutti i gran premi dell’anno, tranne quello di Monza, dove Senna viene speronato da un doppiato quando è primo con largo vantaggio e pochi giri da percorrere. La McLaren dell’88 è l’apice della carriera di Murray. Più e meglio di così, onestamente, non si può fare, tanto più che con la stessa macchina (a parte lievi modifiche) la McLaren vince fino al ’91.

Il buon Gordon, che è in giro già da una ventina d’anni, decide di dedicarsi alle vetture stradali. E ancora lo fa. Con ottimi risultati visto che le sue creazioni sono vere e proprie opere d’arte destinate a miliardari in grado di comprarsele.

Ho un curioso ricordo di Murray: premiazione dei caschi d’oro di Autosprint a Bologna, 1983. C’è anche lui sul palco, a ritirare il premio per il mondiale appena vinto. Un tifoso gli porge da sotto il palco un modello molto bello della sua BT52, per farglielo vedere. Murray lo comincia a guardare da dietro e davanti, dall’alto e dal basso, e prima ancora che finisca l’intervista saluta tutti con la mano e se lo porta via, considerandolo un regalo da analizzare. Il povero tifoso deve rincorrere Murray dietro le quinte per farselo ridare.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.