Ad Austin Hamilton porterà a casa il titolo. La Ferrari la gara?

Andrebbe bene a tutti a due, alla fine. A Hamilton e alla Ferrari, dico. Che ad Austin il primo vincesse il suo sesto mondiale (ormai gli mancano solo quattro punti, più facile farli che dover rimandare tutto di due settimane) e che le rosse finalmente riuscissero a trasformare la recente ma clamorosa superiorità in qualifica in una vittoria che manca da Singapore, nonostante nei tre gran premi successivi le macchine di Binotto siano comunque apparse molto veloci.

Prepariamoci a questa scena, ormai vista e rivista

E andrebbe bene a tutti gli appassionati, arrivati quasi come i protagonisti esausti all’ultimo mese di un altro di questi interminabili campionati di Formula 1, con sempre più gran premi, sempre più spostamenti, sempre più orari diversi ma sempre meno incertezza.

Carey e Brawn: dalle loro idee la Formula 1 del futuro

Liberty Media le sta pensando tutte pur di incrementare (ancora) l’interesse per uno sport che più diventa planetario più perde la sua anima. Difficile trovare la formula magica che consenta di tenersi i vecchi appassionati e di conquistarne di nuovi, ma certo le ultime discussioni all’interno della federazione hanno partorito idee talmente stravaganti (come quella, bocciata, della mini gara a griglia invertita per decidere le posizioni di partenza) che c’è realmente da temere per lo spirito della Formula 1. Già avere più di venti gran premi, ma si punta ai venticinque, è estenuante, soprattutto quando negli ultimi quattro non c’è in ballo nessuna vittoria in nessun campionato. Figuriamoci stare dietro a tutti i trucchetti regolamentari che vorrebbero migliorare lo spettacolo ma finiscono per rendere difficilissime da capire le gare, spesso decise dalle strategie, dai settaggi del motore, da quello che a un pilota viene detto di fare dai box.

Come dovrebbero essere le vetture tra due stagioni

Invece che studiare sempre nuove regole forse sarebbe meglio toglierne alcune, come quella che rende obbligatoria la sosta ai box, o quella che permette di usare tre mescole di gomme, per non dire del regolamento tecnico che ormai è talmente stringente che le macchine sono tutte uguali.
In attesa delle imminenti decisioni per la stagione 2021 (la 2020 è troppo vicina per stravolgimenti epocali) assistiamo alla fine di questa annata, sperando che la lotta tra le tre scuderie più forti sia incerta, come pare essere da qualche mese a questa parte, e che anche a centrogruppo continuino le lotte col coltello tra i denti.
Ad Austin i piloti vanno volentieri: la pista piace (anche se è un tilkodromo costruito al computer con alcuni settori semplicemente demenziali), il Texas è un bel posto per fare qualche giorno di vacanza e i volti sono distesi e sorridenti. Tanto che l’anno scorso vinse addirittura Raikkonen, al termine di un bel confronto con Verstappen e Hamilton, con Vettel attardato dal solito testacoda.
Avessi due euro uno lo punterei su Vettel, l’altro su Verstappen. Ma non sono solito scommettere.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.