Tutti alla festa di Hamilton, tranne la Ferrari

Che Hamilton vincesse in occasione del gran premio degli Stati Uniti il suo sesto, meritato, ennesimo, preoccupante (per i tifosi dei record di Schumi) mondiale era nelle cose. Che lo facesse al termine di una corsa meravigliosamente condotta, pur non vittoriosa, anche. Che tra gli avversari in grado di rendere un po’ faticosa al britannico la prevista giornata di gloria non ci fosse la Ferrari era imprevedibile.
Qualificati con ottimi tempi Leclerc e Vettel spavaldamente annunciavano una gara d’attacco, Binotto diceva che si era lavorato per la gara, i tifosi tutti speravano in un’altra occasione in cui vedere un po’ di equilibrio, una sana ribalderia, una corsa insomma che si poteva anche perdere, magari per errori di strategia, di serraggio di un bullone, per sfortuna…ma comunque tutta da gustare.

Finisce subito con una sospensione rotta la corsa di Vettel

Niente di tutto questo. Ad Austin semplicemente la Ferrari non ha gareggiato. Subito fuori Vettel per una sospensione rotta, quarto alla fine ma con un distacco d’altri tempi Leclerc, beffardamente autore del giro più veloce. Affermare che i problemi della rossa si sono verificati soprattutto nel primo stint è riduttivo. Leclerc non ha mai avuto il ritmo dei primi (non solo delle Mercedes, nemmeno di Verstappen, e chissà come sarebbe andata se Albon non avesse sbattuto con Sainz alla prima curva) e impacchettare il materiale per andare in Brasile con un distacco sul groppone vicino al minuto fa nuovamente pensare che questa benedetta vettura, lenta in Australia, velocissima in Bahrein, poi in grossa difficoltà sulle piste tecniche, ma veloce a Montreal, e poi ancora improvvisamente rinata dopo la sosta estiva, passerà agli archivi come uno dei progetti meno comprensibili della storia recente della squadra di Maranello.

Lo scontro tra Albon e Sainz ha permesso a Leclerc si difendere comodamente la quarta piazza

Non si capisce perchè non si scaldino le gomme, o si deteriorino troppo, e ancora si noti quel terribile sottosterzo che affliggeva le rosse a primavera e che era scomparso in autunno. Certo è che negli ultimi due gran premi della stagione ci sarà poco da aspettarsi: senza il motore migliore (colpa dei controlli della FIA? Come non avere il sospetto…) Vettel e Leclerc rischiano di finire la stagione all’insegna delle posizioni di rincalzo, perdendo in classifica anche il terzo posto del mondiale piloti, a questo punto obiettivo più che raggiungibile per quel satanasso di Verstappen.
Per il resto la gara statunitense ha mostrato di nuovo le peculiarità della formula 1 attuale: si gioca di strategia, i sorpassi si fanno ai box oppure grazie al DRS, i duelli ci sono ma tante volte l’esito pare scontato. E non mancano i piloti bravi, perchè Ricciardo, Norris, Albon, Perez (oltre ai tre sul podio) hanno mostrato prestazioni notevoli. Però resta un sapore di artificiale o di artefatto, di un qualcosa di difficile da capire che ha trasformato eventi agonistici fatti di coraggio, duelli, visione della corsa, compromessi tra aggressività e rispetto per la meccanica in complicatissimi spettacoli per ingegneri aerospaziali o maghi delle strategie, dove centinaia di persone e di computer fanno il mestiere che un tempo faceva un uomo solo.

Ormai le gare si decidono al muretto, o in sala telemetria

Confidare nelle modifiche regolamentari in programma nel 2021 è una pia speranza. Accontentiamoci di riconoscere il talento di chi ancora guida con passione cercando di dare spettacolo. Su quello che succede dall’altra parte della radio…stendiamo un velo di malinconia.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.