Sarà per la prossima volta, Lewis

Gli sta anche bene, a quelli che hanno portato la Formula 1 a Sochi. Gli sta bene, che di questo gran premio di Russia si parli solo per le dichiarazioni di certi piloti o per avvenimenti fuori dalla pista, e non per quello che, ci perdoni Bottas, è successo in pista. Cioè praticamente niente. Del resto se in una circuito il tratto più difficile è quello che bisogna percorrere se si esce dalle linee bianche in curva 2 (a proposito, si apre un sondaggio su quale sia la seconda curva più insignificante tra tutti i circuiti del mondiale; di nuovo a proposito, complimenti Sainz…) cosa ci si può aspettare da uno sport già in crisi di imprevedibilità di per sè, se non una gara piatta, con sorpassi al gusto di DRS divertenti come farsi sfareggiare in autostrada da uno con una macchina che va quaranta chilometri all’ora più veloce?

Sainz alle prese con l’unica insidia di questo circuito assurdo

Chiudo con le polemiche e comincio con altre polemiche. Hamilton è indubbiamente un campione; no, un fuoriclasse, uno che otterrà alla fine della carriera numeri difficilmente raggiungibili e una caterva di titoli mondiali. Ed è abbastanza velleitario mettersi a discutere se sia più bravo di Senna, di Fangio, di Schumacher, di Prost, Clark o Lauda. E’ il più bravo di adesso, di quest’epoca, nettamente. E allora cosa se ne esce a fare con quei piagnistei da bambino dopo aver raggiunto solo il terzo posto in una gara che comunque avrebbe potuto vincere anche da penalizzato? “Vogliono impedirmi di vincere!”. Chi, perchè, con quali mezzi? La ricerca di alibi è il primo passo verso la sconfitta, in tutte le discipline, per gli sportivi quelli forti e per quelli scarsi. Hamilton è tra quelli forti. Eguaglierà probabilmente le 91 vittorie di Schumacher proprio al Nurburgring, a pochi chilometri di distanza dal paesino natale del tedesco (meglio così, un evento storico che si fosse verificato a Sochi…stonerebbe).Ci vuole classe, per vincere e perdere. Schumacher ce l’aveva, e si merita che il suo primato sia raggiunto da un pilota con un…umore diverso.

Questo è quello che succede a chi passa troppo vicino al Leclerc di queste settimane

Non c’è stato solo Hamilton, ad aprire gas e bocca in maniera discutibile. I due della Ferrari, per esempio: Leclerc è una bestia inferocita, ormai. In gara una furia, cattivissimo su Stroll (gli è andata bene), bravissimo a tenere lontano Ocon nel finale, sesto sotto la bandiera a scacchi. Ed è un gran risultato. Ma in prova era una iena, contro il box reo di non avergli comunicato correttamente i distacchi dagli avversari e avergli rovinato il Q2. Ancora forse il monegasco non ha idea della pazienza che gli ci vorrà nei prossimi anni. Ma pare intelligente, se lo consigliano bene imparerà.

Vettel invece prende la strada nella direzione opposta: surclassato in prova e gara dal compagno di squadra (succede da un po’) commenta la gara mostrando un’arrendevolezza sconcertante: “SF1000 instabile al posteriore? No, è tutta la macchina che non va”. Sono mesi che lo si dice: ma tra il tedesco e la rossa sta finendo nella maniera peggiore. Peccato.

L’uomo giusto per riportare la Formula 1 sui binari giusti

Infine la bella notizia: al posto di Chasey Carey, quindi in teoria a capo della baracca della Formula 1, sul trono che fu di Bernie Ecclestone, siederà tra qualche settimana Stefano Domenicali. Dov’è, la bella notizia? Intanto fa piacere che un manager italiano si faccia apprezzare in un ambiente in cui in tanti, con gli italiani, ce l’hanno a prescindere. Poi sa di rivincita dei buoni il fatto che il generoso Stefano, uomo appassionato, garbato e che alla Ferrari ha dato moltissimo ricevendone in cambio sonori schiaffoni rientri dal portone dopo essere stato cacciato dalla finestra. Il primo degli errori del dopo Todt, forse. Infine è uno che ci capisce: potrebbe innestare la retromarcia su questa Formula 1 dove pseudo aerei, invece di auto, corrono con regolamenti complicatissimi su piste, si torna lì, come quest’obbrobrio che è Sochi. Buona fortuna, metticela tutta.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.