Un tifone minaccia il Gran Premio del Giappone, e non è Leclerc
Potrebbe anche non succedere niente, perchè c’è un tifone che incombe sul Giappone e che aspetta il gran premio di domenica (e le prove del sabato) per riversare tutta la sua potenza sulla zona di Suzuka. E’ già successo, nel 2004 e nel 2010, che il sabato delle qualifiche i meccanici dovessero divertirsi in altro modo, in attesa di preparare le macchine per la sessione straordinaria spostata alla domenica mattina. Poi però il Gran Premio del Giappone si è sempre disputato regolarmente. Stavolta il rischio di vedere per la prima volta nella storia un gran premio cancellato per meteo avverso è un po’ più concreto.
Sarebbe un peccato. Perchè Suzuka è il teatro della storia della Formula 1 degli ultimi trent’anni. Si corse qui, su pista proprietà della Honda, per la prima volta nell’87. E subito un evento: Mansell prova la pista durante le libere al suo solito ritmo stupidamente e amabilmente indiavolato, scivola su un cordolo delle S dietro i box e si schianta col posteriore sulle barriere. La Williams cade al suolo col fondo, e Nigel, che un atleta non è mai stato e di problemi alla schiena da vecchietto sul divano ne ha accusati da sempre, non ne esce con le sue gambe. Addio Gran Premio e titolo a Piquet.
Due giorni dopo vince Berger su Ferrari, con l’altra Williams del neo campione appiedata proprio da un guasto del motore Honda. Un bel preludio, niente da dire. Preludio agli anni di Prost che va addosso a Senna, di Senna che va addosso a Prost, di Damon Hill che vive la domenica più bella della sua vita battendo avversari, ricordi del padre e facce dubbiose, di Hakkinen che beffa le Ferrari, di Schumi che si prende la rivincita nel 2000, interrompendo la “Maledizione di Scheckter”. Poi domina per anni, fino a quando nel 2006 si rompe il motore della sua Ferrari e Alonso gli strappa il titolo e lo manda in pensione. E poi gli anni e le vittorie di Vettel con la RedBull, e delle Mercedes di Hamilton e Rosberg.
A Suzuka non ha mai vinto uno scarso. Vuol dire che se qualcosa sulla macchina non funziona, che sia anche il pilota, qua non si arriva primi. E’ un tracciato tecnico, veloce, pericoloso, lungo, molto vario. Non è facile superare: anche se i pazzeschi passaggi all’esterno di Alonso su Schumacher alla 130R e di Raikkonen su Fisichella alla fine del rettilineo del via sono indimenticabili.
E’ l’unico con disegno “a 8”, cioè con un incrocio sopraelevato in cui due tratti di pista si intersecano, come le piste elettriche a cui si giocava da bambini. E i bambini ricordano le centinaia di migliaia di appassionati giapponesi che per vedere questo gran premio fanno code lunghissime, dormono in sacco a pelo, confezionano abiti improbabili, maschere, travestimenti da piloti, fantocci con le facce dei beniamini, e tutto quanto può essere ricondotto all’entusiasta e millenaria cultura giapponese della devozione e della disciplina.
Leclerc (sulla pista dove ha perso la vita il suo grande amico Jules Bianchi), Vettel, Hamilton, Verstappen, Albon, Giovinazzi, Raikkonen, Hulkenberg. In quanti potrebbero infiammare Suzuka! Per favore, tifone Hagibis, non ci privare di tutto questo.