Una mattina con la storia delle corse

Con il continuo susseguirsi di Gran Premi ho tralasciato il racconto di una mattinata di qualche giorno fa, trascorsa in un Abano Terme già autunnale anche se non fredda.
Si è trattato di un evento organizzato dallo Scuderia Ferrari Club di Abano Terme, che ha portato nella piazza centrale del comune euganeo un’interessante rassegna di Ferrari stradali, e ha organizzato per domenica 30 Settembre un incontro aperto a tutti con due personaggi storici della progettazione sportiva, fortemente legati alla Ferrari: Giacomo Caliri ed Enrique Scalabroni.

Enrique Scalabroni (a sinistra) e Giacomo Caliri (a destra), i due ospiti dell’incontro

Per chi non lo sapesse Caliri è il progettista dell’aerodinamica delle monoposto del cavallino tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, quando insomma di aerodinamica si iniziava a parlare non solo per massimizzare la penetrazione ma anche per ottenere deportanza. Successivamente il tecnico siciliano ha lavorato per altre scuderie in Formula 1 (Fittipaldi, ATS, Minardi, Forti, con importanti incarichi di direzione dell’ufficio tecnico) per poi legarsi alla Maserati e infine di nuovo alla Ferrari come capo del reparto Innovazione. Adesso fa il consulente e porta benissimo i suoi 78 anni di passione, esperienza e conoscenze.
Enrique Scalabroni invece, argentino di nascita ma trasferitosi presto in Europa per assumere vari ruoli nell’ambito dell’automobilismo ha lavorato con Dallara, Williams, Ferrari, Lotus e Peugeot Sport.

La 641 di Prost del 90 esposta al MOMA di New York

Sua la Ferrari 641 che nel ’90 sfiorò il mondiale con Prost (un esemplare è esposto, attaccato su una parete verticale, al Museo d’Arte Moderna di New York, per dire di quanto fossero affascinanti ed avveniristiche le forme di quella vettura).

Dopo l’introduzione e i ringraziamenti da parte delle autorità presenti si è entrati subito nel vivo del discorso tecnico grazie a una bellissima presentazione di Antonio Granato, giornalista e disegnatore specializzato, che ha tracciato con un efficace excursus l’evoluzione dell’aerodinamica dall’inizio degli anni ’80 (effetto suolo, minigonne, wing car i temi più caldi del “periodo”) fino ai giorni nostri (deviatori di flusso, utilizzo della vorticità per canalizzare l’aria, muso alto) per introdurre al meglio gli interventi dei due ospiti.
Caliri ha esordito dicendo che negli anni ’80 lui era già vecchio (ma figuriamoci) ma che lo sviluppo dell’aerodinamica sulle formula 1 aveva iniziato a “deformare” pesantemente le carrozzerie delle macchine praticamente a partire dalla metà degli anni ’60, in particolare con la comparsa degli alettoni. L’introduzione delle ali, e poi delle pance laterali, sulle vetture della massima formula è stato, a livello estetico, il cambiamento più sostanziale della storia e ha trasformato le macchine da “sigari” con la migliore penetrazione e con la minore sezione resistente possibili in auto simili a quelle attuali, almeno concettualmente.

Esposte in sala anche le bellissime stampe di Luciano Benetton, ingegnere, collaboratore della Ferrari e…artista appassionato

Non sono state poche le difficoltà da superare per raggiungere questo risultato, dalla scarsa disponibilità di strumentazione, alla necessità di allestire costose gallerie del vento, fino a resistenze più di carattere “culturale”. Fantastico l’aneddoto per il quale a un Caliri impegnato al tecnigrafo nel disegno del primo profilo alare montato su una Formula 1 del Cavallino, si fosse avvicinato con fare furtivo e dubbioso l’Ingegner Ferrari in persona per dirgli, una volta notate le voluminose appendici aerodinamiche che alteravano la forma della macchina: “Chi le ha detto, Caliri, che noi progettiamo furgoncini per gelatai e non macchine da corsa?”. Non doveva essere facile lavorare a Maranello. Tanto meno per un aerodinamico, che poteva trovare nel solo responso dei piloti (soprattutto il neozelandese Amon, amichevolmente nominato più volte da Caliri come “Chris”, sfortunato protagonista di molti gran premi con la Rossa ma grandissimo collaudatore sia di monoposto che di prototipi) il supporto necessario per sostenere e far sviluppare le proprie idee rivoluzionarie.

Chris Amon a Rouen Les Essarts nel ’68, con la prima Ferrari dotata di alettone

Più recenti le esperienze di Enrique Scalabroni, che nell’era dell’effetto suolo ha iniziato la sua carriera, per di più a stretto contatto con Chapman, Wright e Head che dell’aerodinamica applicata all’automobilismo moderno (ma non solo) sono stati i primi sviluppatori. Scalabroni è un uomo estroverso, parla con grande disinvoltura mescolando in un ottimo italiano termini di derivazione inglese e incantando la platea come un cantastorie. Ascoltare un tecnico che chiama “caucciù” le gomme, “composto” (dall’inglese “compound”) la mescola degli pneumatici e coefficiente di “frizione” (“friction”) il coefficiente di attrito dà subito l’idea di un personaggio che ha vissuto la formula 1 sulle sue sponde più importanti, che sono ovviamente l’Italia con la tradizione motoristica della Ferrari e l’Inghilterra centrale degli “assemblatori”.

Le prime minigonne ben visibili sul bordo inferiore delle pance della Lotus 78

Scalabroni ha entusiasmato quando ha raccontato come nascono talvolta certe idee destinate a rivoluzionare classifiche ed albi d’oro: una mattina alla Lotus stavano studiando l’effetto suolo su un modellino in scala di una wing car con pance profilate ad ala rovesciata. A un certo punto un tecnico si è avvicinato al modellino e il carico verticale misurato sulla bilancia ha registrato un picco improvviso. “Ti sei appoggiato al modellino!”. “No, per niente” ha risposto il tecnico di laboratorio. “Allora, aspetta un po’. Se non hai toccato il modellino rimettiti nella medesima posizione di prima”. Il giovane si avvicinò di nuovo al modellino e di nuovo si registrò una crescita nel carico verticale. Si capì che con una cartella rigida che teneva in mano e appoggiava verticalmente a terra il tecnico aveva “chiuso” il canale fluido che percorreva il profilo inferiore della vettura, sigillando il flusso sotto le pance ed eliminando gli effetti di bordo che diminuivano notevolmente l’effetto “risucchio” dell’aria in depressione sotto la vettura. Alla Lotus avevano appena inventato le minigonne.
Applausi.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.