In Stiria dominio Mercedes e disastro Ferrari: peggio di così…

Quando il “predestinato”, dopo venti secondi di corsa, ha provato a superarne quattro in una volta finendo per colpire proprio il “giubilato” è stato uno dei momenti più infelici della storia recente della Ferrari.

Non tanto per l’incidente in sè: a quella curva se ne vedono tanti, anche tra compagni di squadra. Ricordo nel ’99 Coulthard tentare in tutti i modi di far vincere ad Irvine Gran Premio e mondiale centrando il compagno di squadra Hakkinen (il gran premio ce la fece, il mondiale era troppo anche per lui), o Rosberg e Hamilton pestarsi di brutto all’ultimo giro nel 2016, e da lì in poi non parlarsi più. Quindi una bottarella tra compagni di squadra alla Remus Kurve è roba da mettere in conto.

Un attimo ancora è sarà patatrac

Farà probabilmente anche bene, al predestinato Leclerc e al suo ambiziosissimo entourage e seguito di tifosi allucinati, una sana dose di realismo, che i successi (quando e se ci saranno) sono ancora lontani, e figli di un comportamento un po’ più equilibrato. Ancora più contento me l’immagino il giubilato Vettel, che ha accettato di buon grado le oneste scuse del giovincello, visto che per una settimana non avrà pressione addosso, nessuno commenterà i suoi testacoda e le sue gare scialbe e non si parlerà del suo triste destino di tetracampione del mondo destinato precocemente alla pensione.

Sainz davanti a Norris: ancora per poco

A toccare il fondo è invece la Ferrari, che si ritrova con una macchina scarsa, una posizione nei confronti delle avversarie ancora poco comprensibile (siamo dietro a Mercedes e RedBull, ok, ma con McLaren e Racing Point come siamo messi?) e tutta una serie di domande sulle modifiche tecniche portate con grande fatica in Stiria forzatamente senza risposta. Il prossimo gran premio in Ungheria potrebbe essere un po’ meno faticoso per il cavallino, visto che i problemi di potenza massima del motore dovrebbero essere mitigati dalla conformazione angusta dell’Hungaroring, ma prendere un secondo di distacco in un circuito da un minuto o poco più di tempo sul giro, com’è l’A1 Ring, significa che di problemi ce ne sono anche altri. E su questi a Maranello si sta brancolando nel buio. Settanta giri a Zeltweg con due macchine avrebbero consentito di capirci qualcosa di più. E invece niente, si va a Budapest con più dubbi che certezze, con una strada di sviluppo per questa disgraziata SF 1000 tutta da tracciare e con i commentatori che spolverano i libri di storia alla ricerca delle stagioni più negative con cui confrontare il terribile 2020 (1980, 1986, 1992…c’è l’imbarazzo della scelta).

Per il resto la gara è stata molto divertente: se si esclude che Hamilton e Bottas viaggiano su quella che è evidentemente un’astronave c’è da registrare la grinta di Verstappen, la certezza che Norris è un gran manico, l’equilibrio tra McLaren, Racing Point e Renault, che fa pregustare un’annata di duelli molto incerti e spettacolari, anche se purtroppo solo per le posizioni dalla quinta in poi.

Un esempio imbarazzante delle “similitudini” tra Mercedes e Racing Point

Un’importante nota da evidenziare è semmai la decisione presa nel dopo gara dalla dirigenza Renault di indagare sulla regolarità della Racing Point: la macchina di Perez e Stroll è, scandalosamente, una copia pedissequa della Mercedes dello scorso anno. Toto Wolff e papà Stroll sono così amici che oltre a scambiarsi pacche sulle spalle, sorrisi e azioni in borsa si passano ogni tanto anche i file dei 3D dei pezzi, evidentemente. Se ne sono accorti tutti sin dai test invernali di Barcellona, ma finora a parte le battute nessuno aveva reagito in maniera ufficiale. E invece ci sono regole, non chiarissime, da rispettare. Ed era ora che qualcuno mettesse in moto un’indagine. Il rischio è quello di andare incontro alla prima quadrupletta della storia della Formula 1, con una scuderia che piazza ai primi quattro posti di un gran premio le sue monoposto, anche se colorate in maniera diversa. Già sono dure da mandare giù la presenza dei piloti controllati dalle scuderie e quella delle seconde squadre (Toro Rosso per RedBull, Alfa Romeo per Ferrari). Vedere in griglia vetture fornite direttamente da altri costruttori che in teoria dovrebbero essere avversari è una presa in giro che la massima formula dell’automobilismo non si può permettere.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.