Un super Verstappen, ma alla fine è ancora Mercedes

Il Gran Premio d’Ungheria alla fine è stato pure emozionante, con la vittoria in bilico fino a quattro giri dalla fine e un confronto serratissimo tra i due piloti più in forma del momento, il multi campione Hamilton (chi si ricorda l’ultimo periodo in cui si potesse considerarlo “non in forma”?) e il solito Verstappen, un Giamburrasca sempre meno imprevedibile e ormai costante come un veterano.

A dire il vero ha sorpreso la scelta della Mercedes di aggiungere un pit stop alla strategia dell’inglese, oltretutto montando le medie invece delle morbide, quasi a voler complicare una vittoria che pareva già nella prima metà della gara alla portata, vista la facilità con cui Lewis si avvicinava alla testa della corsa. Meglio così: invece che assistere a due metà gara con posizioni congelate intervallate da un sorpasso in undercut, c’è stata incertezza fino alla fine, anche se a dieci giri dal termine, dopo un team radio in cui Max comunicava “Tyres are gone”, era chiaro che il cane si sarebbe mangiato la lepre.

Stavolta Max il giovane mastica amaro…

Una lepre comunque, ancora una volta, degna di lode. Sia il pilota olandese che la squadra di Horner hanno fatto passi da gigante, completando il sorpasso sulla povera Ferrari e arrivando a rosicchiare i talloni della Mercedes, il cui vantaggio, su certe piste, non è abissale come qualche mese fa.

La Ferrari, appunto. Cosa dire di una scuderia che si prende un minuto di distacco con entrambe le macchine, pur correndo senza problemi tecnici e con la possibilità di diversificare le strategie? E’ evidente ormai che le scelte aerodinamiche all’anteriore compiute in sede progettuale sono state infelici, e siccome la parte anteriore della macchina è diventata quella più importante questa stagione è andata, non ci sono grossi margini per recuperare. Credo che Vettel e Leclerc possano essere competitivi a Spa e Monza, dove conta soprattutto il motore e l’efficienza aerodinamica, ma sulle piste guidate sarà una sofferenza, com’è stato a Budapest, e infatti Binotto ha già indirizzato gran parte delle risorse sul progetto del prossimo anno, considerando il 2019 una stagione buttata.

Le due Ferrari ordinatamente e miseramente una dietro l’altra, in lotta per il terzo posto

Cominceranno, presto, le polemiche e le richieste di siluramenti arbitrari, come se ad ogni sconfitta si dovesse sempre azzerare tutto in attesa che l’uomo forte di turno sappia mettere le cose a posto a colpi di bacchetta magica e cazziatoni. Io invece penso che la svolta di Marchionne di qualche anno fa sia stata una vera rivoluzione incompiuta, sia per la sfortunata sorte del manager ex Fiat che per l’emotività esasperata che lui e Arrivabene avevano impresso alla scuderia. Serve invece un recupero razionale, un passo dopo l’altro, con un occhio di riguardo per quegli ingegneri che sanno fare la macchina (in Ferrari non mancano, si tratta però di metterli nel ruolo giusto, uno come Binotto non può fare allo stesso tempo il gestore e il progettista, e del suo capo Camilleri non si capisce veramente come passi le giornate) e un’analisi mirata dei punti deboli mostrati finora. Le discussione sui piloti, per esempio, le lascerei perdere, per adesso, e mi concentrerei su altri campi. Ma le sconfitte della Ferrari sono da sempre oggetto di dibattito e non mancherà il tempo e l’occasione per ritornarci sopra.

Questo invece è uno che migliora con l’età…

Per il resto la gara ha offerto veramente poco. All’Hungaroring è e sarà sempre difficile superare, quindi hanno inciso soprattutto le strategie e la costanza dei piloti nel trattare le gomme. Straordinari Sainz (a cui ha fatto un gran bene sentire il sale sulla coda da parte di Norris) e Raikkonen, una pena le Renault, con cui Hulkenberg e Ricciardo stanno rischiando di compromettere le rispettive carriere. Rimandate anche le Haas, Giovinazzi e la Williams, che peraltro con Russell si è avvicinata alla coda del gruppo.

Ora quattro settimane di sosta, e poi finalmente Spa, sempre un’emozione. Buone vacanze a tutti.

Share it:

David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.