Sulla “ex classica” pista di Hockenheim una nuova parata Mercedes?

Di cosa si parlava l’ultima volta alla presentazione del gran premio di Inghilterra? Ah sì, che stavo esagerando ma che i circuiti della celebre “estate europea” in fondo erano davvero stati tutti rovinati. E puntualmente domenica prossima si corre il Gran Premio di Germania, ad Hockenheim. Lupus in fabula: una pista epica, meravigliosa, con cinque chilometri di pazzesche volate in mezzo ai boschi e un chilometro
di tortuose e impegnative curve in pendenza (il celebre Motodrom…ci voleva tutta l’abilità dei piloti per
tenere in pista le macchine in quella specie di ottovolante con gli assetti aerodinamici scarichi imposti dalla
preponderanza della parte veloce) completamente rivista nel 2002, e del tutto snaturata.

Il bellissimo Motodrom: fortunatamente ancora intatto

Andiamo per ordine: Hockenheim ospita il primo gran premio di Formula 1 nel 1970, sostituendo il
Nurburgring dove sono in corso i lavori di ammodernamento che consentiranno alla Nordshleife di ospitare ancora qualche edizione del gran premio fino all’incidente di Lauda del ’76. Dal ’77 la Formula 1 si sposterà definitivamente qua, nel bel mezzo della foresta nera, e l’evento assumerà un ruolo sempre più centrale e classico. La velocissima pista vicino a Heidelberg sarà sede di corse indimenticabili, anche tragiche (già nel ’68 si era spenta qua la folgorante carriera di Jim Clark, in una gara di Formula 2).

Una piccola lapide in memoria del grande campione scozzese

Nel ’77 vince Lauda, a un anno preciso e nello stesso gran premio in cui ha sfiorato la morte, e con quella vittoria mette virtualmente le mani sul suo secondo mondiale. Nell’80, durante una sessione di prove libere perde la vita Depailler presso la terribile OstKurve (una piega a destra leggermente sopraelevata, di quelle dove il coraggio sfocia nell’incoscienza, infatti sarà predisposta una chicane artificiale per rallentarla). Nell’82 Pironi si ferisce gravemente nelle prove e dice addio al mondiale e alla carriera. Il giorno dopo Piquet sta dominando ma il doppiato Salazar lo spedisce tra i copertoni di camion: Piquet lo picchia e lo scalcia in mondovisione mentre Tambay con la Ferrari vince la sua prima gara. Nel ’93 Hill assapora il suo primo successo fino a che una gomma cede ad

La “possente” tribuna Mercedes

un giro e mezzo dalla fine regalando la vittoria a Prost. Nel ’95 Schumacher trionfa in un tripudio di tricolori neri, rossi e gialli. Nel ’97 Berger ottiene il suo ultimo successo proprio su questa pista, da sempre la sua preferita. Nel 2000 Barrichello vince la sua prima gara al termine di una corsa allucinante, interrotta per la protesta di un ex dipendente Mercedes che ha deciso di andarsene a spasso per la pista. Sono solo alcuni degli episodi che avevano resto questo circuito imprescindibile.
E invece nel 2002 che si decide? Che quasi sette chilometri di pista, la maggioranza dei quali nel bosco e
quindi difficili da seguire per il pubblico, sono troppi e che per gli spettatori sarebbe meglio una circuito più corto che garantisca più giri e quindi più passaggi delle vetture. Che si può sostituire la parte veloce con sequenze di curvette senza significato ma ottime per favorire i sorpassi e costruirci vicino una maestosa e remunerativa “tribuna Mercedes”.

Quel che resta della Ost kurve

Che tutti gli alberi tagliati per quest’accorciamento del circuito possono essere ripiantati esattamente dove correva l’asfalto di un tempo, cancellando così ogni metro del vecchio tracciato. Ecco che cosa hanno fatto ad Hockenheim.

Un disastro, hanno fatto.
A parte questo che gara ci si può aspettare? Facile: doppietta dei grigi (forse bianchi, in questa occasione in virtù di una speciale e segreta livrea celebrativa) con RedBull e Ferrari a prendersi a ruotate per il terzo posto. Prevedo scontri, proteste, ricorsi e tanto lavoro per i carrozzieri. E magari un Vettel un po’ più vispo del solito davanti al pubblico di casa, ad un anno preciso da quella maledetta uscita alla Sachs Kurve che ha decretato dodici mesi fa l’inizio della sua crisi più profonda.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.