Si parte: all’Albert Park per diradare le nebbie invernali

No, troppo difficile dire cosa aspettarsi da Melbourne, primo appuntamento del campionato mondiale di Formula 1 2019. Fanno tutti a gara a tenersi abbottonati: le prove di Barcellona non sono indicative al 100%, la Pirelli potrà valutare solo dalle prime libere il degrado delle nuove mescole, non si riesce a capire l’affidabilità delle varie squadre…e infine, e questa taglia la testa al toro, comunque in tanti ritengono Melbourne un circuito particolare, e solo dopo tre o quattro gare sarà possibile capire quali sono i valori in campo.

Il team Ferrari si presenta molto agguerrito all’esordio australiano

Ecco, quindi si farebbe meglio a non scrivere niente. Eppure due paroline si possono dire. La prima parolina riguarda l’atmosfera sempre eccitante della prima gara: chi non avverte, ogni anno, l’emozione di vedere le auto nuove uscire dal box, i primi giri, i primi tempi, le prime interviste dopo che per tutto l’inverno fondamentalmente si è parlato di niente? Godiamocela, questa atmosfera, finalmente si esce dal letargo e si ricomincia a palpitare.
Le altre paroline sono le impressioni sui test invernali. Credo che si possa dire che la Ferrari ha mostrato le cose migliori, ma Mercedes e RedBull non saranno lontane. Molti parlano anche di un avvicinamento del resto delle squadre alle prime tre. Questa mi pare un’affermazione già più azzardata. Molto più sicuro scommettere sull’ultimo posto della Williams, che parte veramente indietro e ha davanti una traversata nel deserto, più che una stagione agonistica. Abbandonata anche dal direttore tecnico Paddy Lowe la scuderia del vecchio Frank non è mai stata così vicina al fallimento, non solo sportivo. Ecco, direi che le valutazioni su cui vale la pena sbilanciarsi riguardano la prima (Ferrari) e l’ultima squadra (Williams), il resto sarà divertente scoprirlo nel fine settimana.

Hamilton, in visita a Valentino Rossi e con capigliatura vacanziera…

Oltre al regolamento tecnico, che ha permesso ali anteriori più larghe al fine di rendere più facili i sorpassi (non ci spero nemmeno un po’), un’altra novità consiste nell’attribuzione di un punto in classifica, valido sia per il pilota che per il costruttore, per chi segna il giro più veloce in gara, a patto che si classifichi nei primi dieci. Difficile prevedere l’effetto di questa nuova regola sull’andamento delle corse. Forse aggiungerà un po’ di pepe agli ultimi giri, quando chi può permettersi di fermarsi ai box senza perdere posizioni potrà operare un rapido cambio gomme e rientrare in pista per qualche giro alla morte che possa garantire questo ulteriore guadagno. C’è chi osserva che alla fine del campionato 21 giri veloci fanno 21 punti, un bottino niente affatto trascurabile. Io ritengo invece che per le scuderie di primo piano, sempre piuttosto vicine tra loro anche alla fine della gara, questa regola non cambierà praticamente niente, visto che nessuno potrà rischiare una fermata ai box per guadagnare un misero punticino in più. Forse l’insana idea verrà in mente invece a chi staziona tra l’ottava e la decima posizione. 

Ricciardo non ha perso il sorriso, ma il rendimento della Renault è una delle incognite dell’inizio di stagione

Certo che è tutti questi artifici sembrano abbastanza velleitari, discutibili tentativi di rendere un po’ più spettacolare uno sport che da molti anni non regala più le stesse emozioni, puramente sportive, di qualche anno fa. Se si vogliono rivedere i sorpassi, l’equilibrio, l’incertezza, due terzi dei piloti in griglia che possono ambire al podio (non cinque su venti, come adesso) la Formula 1 va completamente ripensata. Devono essere ridefinite le specifiche tecniche di queste macchine, che sono sempre il pinnacolo della tecnologia, ma che ormai si guidano come se fossero aerei controllati da un computer; vanno rivisti certi circuiti, ormai privi di caratteristiche veramente impegnative per i piloti (non è il caso di Melbourne, fortunatamente); vanno soprattutto prese decisioni molto forti riguardo ai budget e ai rapporti tra le scuderie. Come si possa avere una competizioni avvincente quando tre team da soli possono spendere il doppio di tutti gli altri messi insieme, o quando questi tre team controllano molto chiaramente tutti i piloti e le altre scuderie presenti in griglia, non si capisce davvero.
Un ultimo accenno alla pista: il tracciato di Melbourne purtroppo si presta poco ai sorpassi, visto che con le vetture odierne anche certe chicane vengono percorse a velocità molto alte e non ci sono staccate veramente decise.

La Williams arriva nettamente impreparata. Inevitabile sperare in una risalita del glorioso team inglese

Eppure ritengo che questo veloce circuito cittadino, che si snoda attorno al bellissimo lago dell’Albert Park (praticamente un oasi della natura apppena fuori dal centro cittadino), meriti di rimanere in calendario. Ci sono curve da pelo (come la sinistra-destra Waite) dove ancora il pilota può fare la differenza, e su questa pista gli errori si pagano, data la vicinanza dei muretti, non come in altre dove sbagliare di due metri la traiettoria vuol dire comunque passare su una via di fuga in cemento e perdere non più di mezzo secondo. E’ anche un circuito pericoloso, a dire il vero. Ricorda Montreal. Le pressochè inevitabili safety car richiederanno ai tecnici al muretto grande prontezza nel decidere le strategie, e anche tanta fortuna. Vettel l’hanno scorso ci ha vinto la gara, grazie a una virtual safety car uscita al momento giusto.
Ma adesso accendiamo la tv e vediamo questo gran premio d’Australia, facendo finta che tutto vada bene. Forse ci riesce divertirsi un po’.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.