Pagelle 2018: squadre

Mercedes – motore buono, ma il margine sul 6 cilindri Ferrari è svanito. Macchina buona, ma molto aggressiva sulle gomme. Ci sono volute diversi sforzi, stavolta, per vincere i due campionati: cerchi forati, usare Bottas come tappo, e ovviamente tutto il talento di Hamilton. Senza l’inglese la Stella d’Argento avrebbe brillato meno.

La favolosa RedBull di Verstappen: ancora una volta telaio e aerodinamica sono stati un capolavoro di Newey

Ferrari – il recupero tecnico sul motore è stato strabiliante. La macchina era molto buona, su certe piste la migliore per distacco. Poi gli ultimi due mesi è scoppiato tutto: si parla della morte di Marchionne e dell’esplosione di guerre politiche in fabbrica…(Anche la Mercedes ha “perso” Lauda però, senza incorrere in disavventure). Dall’esterno si è visto un pilota perdere letteralmente la testa e una scuderia fallire completamente lo sviluppo della vettura negli ultimi gran premi. E soprattutto uno scambiarsi la colpa, tra le righe, con l’altra. Per ripartire serve chiarezza di ruoli, prima di tutto. In bocca al lupo a Camilleri.
RedBull – il motore non era all’altezza. Peccato, perchè telaio e aerodinamica si sono dimostrati, soprattutto alla fine della stagione, fenomenali. I piloti pure. Meglio del previsto, insomma.

Renault – bene ma non benissimo. Chi sperava che i francesi entrassero in pianta stabile tra i top team è rimasto deluso. I gialli hanno lottato sempre con la Force India per il ruolo di quarta forza, ma ad anni luce dalle prime tre. Le speranze erano per qualcosa di meglio.

Problemi finanziari e cambio di proprietà non hanno impedito a Perez e Ocon di ben figurare

Haas – Una partenza straordinaria, poi la squadra si è plafonata su un rendimento da centro classifica privo di acuti. Condannata a fare da Team B alla Ferrari anche in futuro…che senso ha?

McLaren – Col motore Renault doveva essere tutta un’altra cosa. E invece se non era per la classe di Alonso se la vedeva con l’altra nobile decaduta, l’inguardabile Williams, per il titolo di squadra peggiore dell’anno. La chiarezza di ruoli in squadra è un’utopia, il recupero delle posizioni di vertice un miraggio. Non si sono visti segnali di crescita.
Force India – un manager ricercato dagli agenti di finanza di mezzo mondo, una proprietà che cambia a metà stagione, eppure i “Rosa” hanno messo in pista un fior di macchina, come l’anno scorso. Bravi davvero.

Sauber – la posizione in classifica non rispecchia il vero valore del team, che grazie al supporto Ferrari è cresciuto

Ericsson con la miglioratissima Sauber. Non solo merito della PU Ferrari…

esponenzialmente durante l’annata, fino ad assumere stabilmente il ruolo di quarta forza. Probabilmente, come capacità di sviluppo, il team migliore dell’anno. Nel 2019, con due piloti nuovi, si attendono conferme. Giovinazzi potrebbe essere salito sul treno buono.
Toro Rosso – ridotta a vettura sperimentale per la Honda e per la RedBull ha spesso lottato nelle ultime posizioni, perdendo sempre più contatto col mid-field. Valgono le considerazioni fatte per la Haas. Ha senso che un team sia impegnato solo come riserva di un’altro, oltretutto in maniera così palese? La FIA deve intervenire. A questo punto tanto vale avere tre macchine per i team più grossi e togliere dalla griglia macchine che si scansano quando arrivano i piloti della squadra “chioccia”, o sono equipaggiate con pezzi prototipali, che se funzionano sono trasferiti a casa madre, se si rompono pazienza.

Preoccupante. Di peggio rispetto al 2018 c’è solo vederla sparire dal mondiale

Williams – Si potrebbero spendere pagine per descrivere il disastro di un team che ha vinto sette campionati piloti, nove costruttori e più di 100 gran premi, e si ritrova costantemente nelle ultime file, con una vettura che non va nemmeno a spingerla e due piloti paganti. Dall’anno prossimo perderà anche il main sponsor. Frank e Claire Williams sanno cavare il sangue dalle rape (tre anni fa Bottas e Massa lottavano per la pole), ma da Paddy Lowe ci si poteva aspettare una macchina almeno decente. Il prossimo anno, con Kubica e un esordiente nell’abitacolo, sarà l’inizio della rinascita o il definitivo capitombolo all’indietro.

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David Bianucci

Mi chiamo David Bianucci, e sono nato a Prato nel 1972. Dal 1981 non mi perdo un gran premio di Formula 1. Nel frattempo ho studiato, fatto sport, adesso lavoro come ingegnere meccanico ma la passione non si è mai spenta. Vivo in Veneto con moglie e tre gatti. Non posso più prendermi due ore per andare a vedere le macchine che girano al Mugello, ma questo non frena certo la mia voglia di parlare di corse. Vi aspetto.